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La degradazione moderna

Basta fare un giro per le nostre città; piazzarsi a una fermata dei tanti bus e mezzi di trasporto, che la gente in massa a fine giornata prende per tornare a casa, per osservare tanti volti vuoti, persi, stanchi, stressati, alienati. Non solo i volti portano i segni delle fatiche, ma anche i corpi: mal curati, malati, brutti.

Ogni qualvolta osservo nelle masse lo stress che li degrada, mi ritorna in mente questa affermazione di Marx: “Eppure, tutta la storia dell’industria moderna mostra che il capitale, se non gli vengono posti dei freni, lavora senza scrupoli e senza misericordia per precipitare tutta la classe operaia a questo livello della più profonda degradazione”.
Marx, nella sua critica al capitalismo e alle condizioni di vita del proletariato, tra le varie osservazioni, mette in rilievo come il fisico dei lavoratori si degradi a causa dei ritmi di produzione dettati dall’economia, dal capitale.
La prova di questo degrado è appunto riscontrabile nei volti della stragrande maggioranza delle persone che incontriamo per strada. E, con coraggio, lo si può osservare pure nel nostro quotidiano.
Negli ultimi anni i casi di depressione, di “burn-out”, di malattie psicologiche dovuti allo stress, sono in forte ascesa nei paesi più sviluppati. Ciò è dovuto al fatto che viviamo in società in cui la produttività, il profitto, la concorrenza sono messi in primo piano a scapito di altri valori, a discapito dell’uomo. Con l’ultima fase della divisione internazionale del lavoro, con lo sviluppo rapido della globalizzazione, con la concorrenza sfrenata dei mercati, questi aspetti vitali dell’economia -che hanno come conseguenza il degrado fisico, intellettuale, umano e sociale- hanno portato la nostra società, nel suo complesso, a convivere con ritmi forsennati, un maggiore stress, una maggiore pressione sociale.

Credo che sia il caso di darsi una calmata. Credo sia il caso di rimettere al centro della vita e della società l’individuo, l’uomo. Un’alternativa è, necessariamente, auspicata.